Da Schillaci a skillati
Se importi l'africa diventi l'africa, se importi il niente diventi il niente.
Se le soft-skill fossero la pietra tombale di ogni impresa di successo, il sistema Italia sarebbe un cimitero a cielo aperto in stile magic the gathering... o forse lo è già (?)
Un uso spigliato di Powerpoint e teams, abbinato ad un outfit rispettabile ed un fare amichevole, ed ecco l'archetipo del perfetto yes-man ex fantozziano, che oggi è ancora più tragicamente un soft-skill-man.
C'è altro? Apparentemente no. Quando la soft skill è l'unica competenza valutabile, quando la chiacchiera davanti alla macchinetta del caffè con il manager diventa lavoro, quando la tracotanza di chi non sa fare altro che risolvere i problemi che lui stesso crea incontra la fiaba del gestore di risorse umane (hr business partner) non ci troviamo di fronte ad una miscela esplosiva, bensì al vuoto. Un vuoto spinto, talmente potente da sembrare sperimentale, da laboratorio.
Quando sento la parola skill penso solo a Schillaci, un gioco di parole che mi permette di rispondere senza dare spiegazioni. Mi parli di skill? Ti rispondo "Schillaci". Quando ci saranno solo soft-skillati e nessun Totó Schillaci, non avremo più paura dell'Argentina perché non ci sarà nessun Italia-Argentina in mondovisione. Non ci sarà neanche Italia-Marocco sulla spiaggia. Ci sarà la spiaggia e basta.
Adda vení winnie pooh.