Il culto della Pimpa

Durante un incontro con un cliente a Istanbul, proprio mentre sorseggiavamo un tè così caldo che sembrava ideato per testare la pazienza occidentale, mi ha chiesto:

"Ma da voi, c’è qualcuno che amate davvero tutti? Uno che ha unito il paese, come Atatürk?"

Io, senza pensarci troppo, ho risposto:

"La Pimpa"

Ora, che fosse il 10 novembre, giorno della morte di Atatürk, nonm lo sapevo.

Che ogni anno, alle 9:05, le sirene suonano in tutto il Paese e la gente si ferma in silenzio per commemorarlo, neanche.

Ma non mi aspettavo quella domanda lì.

Perché la verità è che non ce l’abbiamo uno cosi.

Uno che ha preso un Paese a pezzi e ha detto: "Adesso basta, si fa come dico io"

Uno che ha fondato una repubblica e nel bene e nel male, ha lasciato un’idea comune a tutti.

Noi abbiamo il 25 aprile e chi lo contesta. Il 2 giugno e chi lo ignora.

E poi ci chiediamo perché litighiamo anche sulla carbonara.

Così ho detto la Pimpa.

Perché è rossa, gentile, non ha mai fatto male a nessuno e soprattutto non divide.

È l’unico personaggio pubblico italiano su cui nessuno ha ancora fatto un post indignato.

Ha più consenso della Corte Costituzionale e meno polemiche di Sanremo.

Unisce tutti. Come Atatürk, ma a pois.

Istanbul quel giorno era piena di bandiere, foto, poster, fiori..

Non sembrava nostalgia: sembrava appartenenza.

Forse è anche per questo che la Pimpa funziona.

Non c’è niente da spiegare. Non c’è niente da odiare.

È solo lì, a pois, sopra le rovine di quello che avremmo potuto essere.